Sei stato adibito a mansioni diverse, superiori rispetto a quelle che ti competono.
Ti chiedi se puoi domandare al tuo datore di lavoro il corrispettivo economico commisurato.
Sì, puoi.
Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, infatti, il dipendente ha diritto a vedersi riconosciuto il compenso previsto per le mansioni effettivamente svolte, indipendentemente dall’assegnazione formale dell’incarico da parte del superiore gerarchico.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione a seguito del ricorso presentato da un professionista sanitario che aveva a tal proposito intentato un giudizio nei confronti dell’azienda sanitaria presso la quale lavorava.
Sussiste dunque il diritto a percepire una retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni superiori alle proprie. Con un unico limite: tale svolgimento non deve essere avvenuto né all’insaputa, né contro la volontà dell’ente. Non deve risultare neanche da un accordo fraudolento tra il lavoratore e il proprio superiore. Laddove sussista infatti una situazione di illiceità e si ravvisi il contrasto con le norme fondamentali dell’ordinamento, il riconoscimento economico viene meno.
Il lavoratore, pertanto, come ribadito dalla Suprema Corte con la sentenza n.1496/2022, si vedrà riconosciuta la somma spettante sulla base della prestazione lavorativa effettivamente svolta.