Responsabilità Medica Civile

In questo articolo parliamo della Responsabilità medica civile, di cos’è e di tutto quello che devi sapere se sei un Medico, un infermiere oppure un professionista sanitario.

La Responsabilità Civile si configura nel momento in cui un soggetto, in questo caso un medico, piuttosto che un infermiere o un altro operatore della sanità, cagiona un danno economicamente rilevante ad un altro soggetto, come il paziente o i suoi familiari. 

Come già abbiamo detto, la Responsabilità Medica è oggi disciplinata dalla Legge Gelli Bianco recante  «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie» ed entrata in vigore il 1 aprile 2017.

A fronte del dilagante aumento delle cause intentate nei confronti degli operatori sanitari nel corso degli ultimi anni e al conseguente incremento della così detta “medicina difensiva”, il legislatore ha scelto di intervenire. Era diventato infatti necessario arginare le conseguenze che tutto ciò si portava dietro. La Legge Gelli Bianco, intende oggi coniugare la tutela del diritto alla salute del cittadino con il rispetto della dignità professionale degli operatori sanitari, cercando dunque di limitare la spesa pubblica in ambito sanitario.

Vediamo ora nel dettaglio tutto quello che devi sapere sulla Responsabilità Civile.

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La Responsabilità Civile

Abbiamo detto che la responsabilità medica civile che si configura nel momento in cui un soggetto, un medico, piuttosto che un infermiere o un altro operatore della sanità, cagiona un danno economicamente rilevante ad un altro soggetto, come il paziente o i suoi familiari. 

La materia è regolata dall’articolo 7 della Legge Gelli Bianco che opera una importante distinzione tra:

  • la responsabilità della struttura sanitaria
  • la responsabilità del singolo professionista. 

La responsabilità contrattuale viene infatti differenziata da quella extracontrattuale, con conseguenti ricadute in tema di prescrizione e di onere probatorio.

Come vedremo tra poco, il soggetto che ritiene di essere stato danneggiato, infatti, anzitutto dovrà chiedere il risarcimento del danno entro un arco di tempo ben determinato. 

Inoltre sarà tenuto a provare, in maniera differenziata, il pregiudizio subito, a seconda che indirizzi la propria richiesta di risarcimento al professionista piuttosto che alla struttura sanitaria.

La Responsabilità della struttura sanitaria

Ecco la prima novità rilevante apportata dalla Legge Gelli Bianco in materia di responsabilità medica civile. Il legislatore ha ribadito che la responsabilità della struttura presso cui il paziente è stato accolto abbia natura di tipo contrattuale. 


Il singolo, infatti, sceglie il luogo in cui farsi curare ed è in tale luogo, in virtù di quello che viene comunemente inteso come “contratto atipico di spedalità”, che il paziente viene accettato.

Da quel momento, gli verranno erogati servizi di cura e di assistenza, compreso l’alloggio, il vitto, la cura dell’igiene, la garanzia circa l’adeguatezza delle attrezzature e degli impianti. Per questa ragione, dunque, la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata risponde contrattualmente dei danni cagionati agli ammalati dalle condotte dolose o colpose tenute dagli esercenti la professione sanitaria che lavorano al suo interno, anche se non ne sono dipendenti.

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I termini per esperire una causa civile alla struttura

Il paziente che intenda dunque esperire una causa civile nei confronti della struttura sanitaria ha dieci anni di tempo per attivarsi. 

Sì, ma da quale momento?

Il termine da cui iniziare a contare la prescrizione può essere individuato in vari modi.

  • Si tiene conto del giorno in cui è stato commesso l’errore medico; 
  • oppure del giorno in cui si è esteriorizzato il danno al paziente (malattia o sintomatologia); 
  • o, infine, il giorno in cui il paziente ha preso coscienza e consapevolezza dell’esistenza del danno subito.

Sarà il Giudice, alla luce del caso concreto che gli è stato sottoposto, ad individuare quale sia il termine appropriato. 

Pensiamo infatti ad un errore commesso dal sanitario che sia immediatamente percepibile: in questo caso, il paziente ha subito coscienza di quanto accaduto ed è da quel momento che comincerà a decorrere il termine di prescrizione di dieci anni.

Qualora invece il danno non possa essere individuato istantaneamente, come nel caso, ad esempio, di un’infezione contratta a seguito del ricovero, ai fini del calcolo della prescrizione dobbiamo attendere che il paziente abbia la percezione del pregiudizio subito. I dieci anni inizieranno quindi ad essere conteggiati da qual momento.

L’onere probatorio

Altro aspetto da tenere in considerazione legato alla responsabilità medica civile è la ripartizione dell’onere probatorio. 

Ci si chiede, infatti, che cosa debba dimostrare il paziente per ottenere il risarcimento del danno da parte della struttura sanitaria. In questo caso, egli dovrà provare il titolo da cui deriva l’obbligazione, come ad esempio il ricovero presso la struttura e l’inadempimento che si è tradotto nel danno subito.

Inoltre, come recentemente ribadito anche dalla giurisprudenza, il paziente o i suoi familiari dovranno dimostrare il nesso causale sussistente tra la condotta dei sanitari ed il danno che ritengono di aver patito. Quindi, si deve dimostrare che il pregiudizio lamentato dipende dalla condotta dei sanitari stessi.

Dall’altro lato, per difendersi, la struttura sanitaria dovrà invece dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi verso il paziente, oppure potrà provare che l’inadempimento è stato imprevedibile e dunque non le è in alcun modo imputabile. 

Nel giudizio intentato contro la struttura il legislatore ha voluto predisporre una disciplina di maggior favore per il danneggiato. Quest’ultimo ha infatti la possibilità di dimostrare agevolmente l’entità del danno subito e può oltretutto contare su di un termine decennale per avanzare la richiesta di risarcimento.

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Responsabilità del medico

E per quanto riguarda la posizione del medico, invece, che cosa possiamo dire?


Il legislatore ha previsto che la responsabilità civile del sanitario sia di tipo extracontrattuale, a meno che il professionista non abbia agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Fermandoci a riflettere, comprendiamo infatti che il cittadino che si rechi presso una struttura sanitaria, non sceglie il medico a cui affidarsi e sarà curato da quello di turno. 

Qualora invece il singolo si rivolga ad un determinato professionista, si darà vita ad una prestazione di tipo contrattuale, fondata su di una scelta ben precisa e in tale evenienza saranno applicati i principi che abbiamo visto sopra con riferimento alla responsabilità contrattuale della struttura sanitaria. 

 

La responsabilità extracontrattuale comporta un termine di prescrizione ed un onere probatorio differente rispetto a quello previsto per l’azione civile intentata nei confronti della struttura.

I termini per promuovere un’azione risarcitoria verso il medico

Il soggetto che intenda infatti promuovere un’azione risarcitoria verso il medico ha a disposizione cinque anni di tempo, da calcolare sempre secondo i parametri sopra elencati. 

Sarà dunque il Giudice, anche in questo caso, alla luce delle circostanze concrete, ad individuare il termine a partire dal quale viene conteggiato il quinquennio. Potrà trattarsi del momento in cui il medico ha compiuto il presunto errore che gli viene contestato dal soggetto danneggiato, oppure del giorno, collocato in epoca successiva, in cui il danno si è manifestato.

Con riferimento alle prove da produrre, il paziente che agisca contro il sanitario dovrà dimostrare che la condotta tenuta è contraria alla normativa in materia, che l’ha violata. Inoltre sarà tenuto a dimostrare il danno subito, la colpa che ha caratterizzato la condotta del professionista ed il nesso causale tra tale condotta e l’evento verificatosi, come ad esempio l’insorgenza o il peggioramento della patologia.

 

La legge Gelli ha così diversificato le posizioni della struttura e dell’esercente la professione sanitaria, spostando il rischio derivante da una causa civile sul soggetto maggiormente capiente. In questo modo, il sanitario risponderà solo dei danni integralmente provati dal paziente e quest’ultimo sarà portato ad agire nei confronti della struttura che potrà risarcire più facilmente il danno lamentato.

Come viene intentata una causa civile contro la struttura sanitaria o contro il professionista?

La Legge Gelli Bianco ha inteso ridurre il contenzioso in materia, così da limitare le cause risarcitorie intentate nei confronti dei nostri professionisti sanitari che spesso diventavano inermi bersagli di richieste pretestuose e infondate.

Oggi, il soggetto danneggiato che intenda intentare una causa innanzi al giudice civile dovrà esperire previamente e obbligatoriamente un tentativo di conciliazione, che si traduce in una delle due seguenti modalità: 

  • consulenza tecnica preventiva
  • mediazione.

La consulenza tecnica preventiva

Il paziente o i suoi familiari possono anzitutto rivolgersi al Giudice civile e chiedere che venga espletata una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’articolo 696 bis del codice di procedura civile. In questo modo viene nominato un consulente tecnico d’ufficio, il così detto CTU, che dovrà rispondere al quesito formulato dal Giudice. 

La norma e cioè l’articolo 696 bis del codice di procedura civile prevede espressamente che prima di provvedere al deposito della relazione, all’interno della quale risponderà al quesito formulato dal Giudice e finalizzato a comprendere l’accaduto, il consulente è tenuto a tentare la conciliazione tra le parti. 

Precisiamo che in questo contesto si applica l’articolo 15 della Legge Gelli Bianco che prevede il coinvolgimento di un “collegio peritale”. Ai fini della stesura della consulenza tecnica, saranno coinvolti  un medico specializzato in medicina legale e uno o più soggetti specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento.

Qualora l’accordo venga raggiunto, il giudice interviene attribuendo, con decreto, efficacia di titolo esecutivo al verbale che raccoglie l’accordo tra le parti. Qualora invece la conciliazione non riesca, ciascuna parte potrà chiedere che la relazione scritta dal consulente venga acquisita agli atti del processo, così detto di merito, che sarà con elevata probabilità instaurato in un secondo momento.

In questa fase dunque le parti si affidano al consulente che è un soggetto dotato di un’elevata competenza specialistica e che viene scelto dal Giudice tra coloro che sono iscritti negli appositi elenchi tenuti presso il Tribunale di riferimento.

Le parti sono obbligate in ogni caso a partecipare al procedimento di consulenza tecnica preventiva. Anche le imprese assicurative alle quali si sono rivolti il medico o la struttura sanitaria per adempiere all’obbligo assicurativo non possono sottrarsi ed inoltre sono tenute a formulare un’offerta di risarcimento al soggetto danneggiato oppure, in assenza, a giustificarne la mancanza. 

Le parti non intervenute in sede di consulenza tecnica preventiva saranno condannate dal Giudice a sostenere le spese della consulenza e della lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre a versare una pena pecuniaria, individuata in via equitativa,  da corrispondere alla parte comparsa. In questo modo il legislatore ha inteso sollecitare le parti a partecipare al procedimento.

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La Mediazione

Si tratta di una procedura stragiudiziale, che non prevede quindi il coinvolgimento di un Giudice e non si svolge pertanto in Tribunale.

Viene attivata, invece, davanti al mediatore che assume il ruolo di soggetto imparziale che dovrà essere dotato di un certo livello di competenza in materia e che, ai sensi dell’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 180/2010, potrà essere affiancato da uno o più mediatori ausiliari.

Egli avrà il compito di accertare anzitutto la volontà delle parti (medico, paziente, struttura sanitaria, compagnie assicurative e familiari del paziente) ad addivenire ad un accordo. In secondo luogo formulerà loro una proposta per raggiungere un’intesa. Il mediatore potrà incontrare le parti anche separatamente in modo da acquisire elementi utili alla formulazione della propria proposta, mentre in sede di consulenza tecnica preventiva, come abbiamo visto, è obbligatoria la presenza contestuale di tutte le parti.

La mediazione dovrà concludersi nel termine di tre mesi.

La parte che non prenda parte alla mediazione potrà essere condannata dal Giudice al versamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio. Il Giudice, inoltre, potrà valutare negativamente l’assenza della parte, in vista del processo che potrebbe essere instaurato in un secondo momento.

Sottolineiamo che la mediazione e la consulenza tecnica preventiva nell’ambito della responsabilità sanitaria sono condizioni di procedibilità per coloro che intendano poi agire giudizialmente. Ciò significa che qualora il danneggiato voglia ottenere il risarcimento dei danni patiti in ambito sanitario, dovrà prima di tutto optare per una di queste due strade. Qualora ciò non avvenga, la causa non potrà poi avere inizio. (Comma 2 articolo 8 Legge Gelli Bianco e articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28).

Cosa accade se il procedimento di conciliazione non va a buon fine?

Se la conciliazione non riesce o non si conclude entro il termine perentorio di sei mesi decorrenti dal deposito del ricorso, la domanda di risarcimento diventa procedibile. Significa che il soggetto danneggiato potrà rivolgersi al Giudice civile per chiedere il ristoro del pregiudizio che ritiene di aver subito.

Sarà instaurato un procedimento, detto sommario di cognizione, ai sensi dell’articolo 702 bis codice di procedura civile, che si svolge in forma semplificata. E’ per questo più snello e rapido rispetto al giudizio ordinario.

Questo rito sommario risulta comunque semplificato ed è destinato alle controversie che non presentino particolare complessità o che non richiedano una istruttoria molto approfondita.

 Si è infatti avuto un accertamento tecnico in una fase antecedente al giudizio stesso e gli atti della conciliazione sono idonei ad essere acquisiti al processo eventualmente incardinato in un secondo momento.

Perché il paziente sceglie la consulenza, piuttosto che la mediazione?

La mediazione prevede tempi più brevi: tre mesi in meno per la conclusione del tutto. 

Se essa non va a buon fine, il danneggiato può scegliere se intentare un giudizio innanzi al Tribunale civile nelle forme ordinarie, oppure ricorrendo al rito sommario, più snello e veloce.

Con riferimento alla consulenza tecnica, c’è invece da dire che qualora venga accertato un profilo di responsabilità, la compagnia assicurativa può essere portata a formulare una proposta risarcitoria, dal momento che la mancata partecipazione al procedimento e la mancata formulazione di un’offerta portano all’irrogazione di sanzioni, come abbiamo visto.

Ad oggi è frequente che le parti, basandosi sulle conclusioni formulate in sede di consulenza tecnica     preventiva, raggiungano un accordo stragiudiziale, senza presentarsi dunque davanti ad un giudice. 

Inoltre, la rilevanza e l’importanza assunte dalla consulenza preventiva deriva anche dal fatto che il giudice che se ne occupa sarà lo stesso che tratterà l’eventuale successivo procedimento in occasione del quale sarà possibile utilizzare tutta la documentazione prodotta fino a quel momento.

Leggi anche l’articolo sulla Responsabilità Medica Penale

Conclusione

In questo articolo abbiamo visto tutto quello che devi sapere sulla Responsabilità medica Civile, analizzando la normativa in vigore e le differenze tra responsabilità della struttura sanitaria e responsabilità del medico.

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